BLACK ROT

 

Black rot o marciume nero

 

Sono stati osservati e segnalati nella prima decade di luglio alcuni casi, di cui pochi significativi, di danni su grappolo riconducibili a black rot, nei vigneti principalmente di pedecollina.

Il black rot o marciume nero è una malattia fungina il cui agente eziologico è l’ascomicete Guignardia bidwellii (forma teleomorfa), mentre la forma anamorfa è rappresentata da Phyllosticta ampelicida o Phoma uvicola.

È una malattia considerata secondaria per la vite e che in passato è stata avvistata nei vigneti reggiani sporadicamente, solo come curiosità e solo in qualche caso eccezionale è risultata dannosa. Negli ultimi anni, però, sono sempre più gli allarmi provenienti dai vigneti veneti, friulani e toscani.

Lo sviluppo di questa malattia è favorito da condizioni climatiche caldo-umide e, al contempo, ostacolato dalla difesa antiperonosporica e antioidica. Sono, infatti, numerosi i prodotti fitosanitari, utilizzati contro le due principali avversità fungine della vite, ad avere azione diretta o collaterale contro black rot.

Come riconoscere il black rot

Su foglia

 SU_FOGLIA.jpg

Macchie necrotiche più o meno rotondeggianti, da pochi mm a qualche cm, di colore marrone con un bordo più scuro e violaceo. La diagnosi è resa sicura dalla presenza di piccole pustole nere (i picnidi, corpi fruttiferi agamici del fungo, e i periteci, corpi fruttiferi sessuati)

Su acino

 SU_ACINO.jpg

Gli acini sono interessati da un marciume tutto interno che li disidrata e mummifica, conferendo un colore caffè-latte. Anche in questo caso la diagnosi visiva è facilitata dalla presenza di pustole nerastre (picnidi e periteci)

Sull’intero grappolo

 SUL_GRAPPOLO.jpg

Gli acini colpiti sono inizialmente sparsi ed isolati tra loro, poi via via crescono di numero fino ad interessare l’intero grappolo. La mummificazione fa sì che gli acini restino saldamente attaccati al grappolo e questo al tralcio.

 

Ciclo biologico ed epidemiologia

Il fungo si conserva da un anno all’altro sia sotto forma agamica (picnidi) che sessuata (periteci) sulla vegetazione infetta e/o mummificata, che funge da focolaio d’infezione alla ripresa vegetativa.

I periteci svernanti, in seguito anche ad una pioggia di 0,3 mm, dal germogliamento a metà luglio, liberano le ascospore, che possono dar luogo alle infezioni primarie su foglie, grappolini fiorali e tralci. I grappoli risultano molto sensibili fino all’invaiatura, mentre le foglie più vecchie non possono più essere infettate.

L’infezione avviene grazie a prolungate bagnature (anche di 24 ore a 20 °C) e mediante una penetrazione attiva all’interno dei tessuti vegetali. A seguito dello sviluppo del micelio e successivamente alla comparsa dei sintomi, che può avvenire anche dopo un mese dall’infezione, si formano i picnidi che, a loro volta con piogge superiori ai 3 mm, liberano i conidi, che determinano le infezioni secondarie.

Difesa

Fondamentale è la prevenzione: arieggiamento della chioma; raccolta ed asportazione dei grappoli mummificati e dei residui di potatura infetti; l’utilizzo di sostanze attive nella lotta antiperonosporica (rame e ditiocarbammati) e antioidica (zolfo, IBE e strobilurine), con azione diretta o collaterale nei confronti del black rot.

In presenza d’infezioni in atto, nella fase attuale di chiusura del grappolo, si consiglia di utilizzare (come da disciplinare di produzione integrata) i prodotti antioidici a base di: difenoconazolo, fenbuconazolo, miclobutanil, penconazolo, tetraconazolo e trifloxystrobin (vedi le nostre linee guida qui e la banca dati dei prodotti commerciali predisposta per la difesa vite qui).

Prestare attenzione ai dosaggi riportati in etichetta, talvolta superiori a quelli ammessi contro l’oidio.

 

Gallery: sintomi su grappolo di Malvasia

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Reggio Emilia, 12 luglio 2019

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