Consorzio Fitosanitario Provinciale

 

Gli ospiti indesiderati dei nostri giardini

Conoscere i piccoli frequentatori delle aree verdi può aiutarci a convivere serenamente con la loro presenza

Di Andrea Catellani

La convivenza dell’uomo con gli insetti che popolano abitualmente gli ambienti da lui frequentati diventa ogni giorno più complessa. Il livello di tolleranza a queste presenze spesso fastidiose, ma non sempre pericolose per la nostra incolumità, può, in alcuni casi, trasformarsi in una autentica entomofobia, ovvero nell’assoluta intolleranza alla presenza degli insetti.

In alcuni casi questo atteggiamento può avere delle motivazioni rilevanti, come ad esempio per la presenza di parassiti potenzialmente pericolosi per l’incolumità dell’uomo o degli animali, mentre in altri casi, quando la presenza di questi piccoli esseri costituisce un fastidio visivo o anche semplicemente un disturbo alla fruizione delle aree, una maggiore tolleranza alla loro presenza garantirebbe un migliore e pacifica convivenza.

Proviamo ad analizzare qualche esempio specifico:

Processionaria del pino: si tratta di un lepidottero fitofago (quindi di una farfalla) che aggredisce alberi  di pino o cedro provocando danni consistenti, ma spesso tollerati dalle piante. La sua presenza nei nostri giardini durante la primavera, nella fase giovanile di “verme peloso” molto colorato, non passa certamente inosservata. La fitta peluria urticante che ricopre il corpo delle larve rappresenta però un pericolo consistente per la popolazione, prevalentemente per i bambini e gli animali che spesso sono incuriositi da questo piccolo e coloratissimo insetto e sono spinti ad avvicinarlo. Il contatto con questi peli urticanti è estremamente pericoloso, in quanto può provocare gravi irritazione alla cute o infiammazioni delle mucose.

Per questo motivo la presenza dell’insetto non può essere tollerata e occorre predisporre specifiche strategie di difesa (meccanica, biologica o chimica) per contenere la sua pullulazione.

Rincoti ligeidi: si tratta di piccole cimici che popolano sovente i nostri giardini, risultando più o meno invadenti e quindi fastidiose. Fra loro possiamo citare Pyrrhocoris apterus e Oxycarenus sp.  che hanno un comportamento specifico che li porta a rimanere lontano dalle abitazioni o comunque a frequentarle solo in maniera casuale. Solitamente si trovano nei pressi delle piante, spesso anche a gruppi molto numerosi. Possiamo citare anche il tristemente noto Arocatus melanocephalus che, al contrario di quelli prima citati, manifesta un comportamento che lo porta a frequentare le nostre case con assiduità, nascondendosi in ogni fessura trovata, fino a raggiungere cassetti della biancheria o delle stoviglie e a infilarsi persino nelle fenditure delle cornici dei quadri, superando agevolmente anche barriere fisiche come, ad esempio, le zanzariere.

In tutti i casi, questi insetti non sono pericolosi per l’uomo o per gli animali; non pungono, non trasmettono malattie, ecc., ma, se per i primi due possiamo garantire che difficilmente si troveranno a interagire con noi, per Arocatus melanocephalus occorre segnalare la sua grande invadenza e quindi la difficoltà di convivere in un ambiente antropizzato. Pur se non pericoloso, l’insetto rimane pur sempre una “cimice” e, come tale, oltre al fastidio visivo della sua presenza, occorre aggiungere gli odori molesti che emette se disturbata o, peggio, schiacciata.

Anche in questo caso la lotta (meccanica, biologica o chimica) si rende spesso necessaria.

Tingide: si tratta di un altro piccolo rincote che frequenta abitualmente i platani (Corythuca ciliata) e negli ultimi anni le querce (Corythuca arcuata). Anche in questo caso l’incidenza del danno sulle piante è spesso tollerata senza eccessivi stress, ma la presenza dell’insetto è considerata intollerabile dai frequentatori delle aree di pertinenza delle chiome. Gli insetti infatti, oltre a praticare punture trofiche sulle lamine fogliari, producono grandi quantità di “melata”, un liquido zuccherino, vischioso prodotto del metabolismo dell’insetto. Questo, insieme alla naturale caduta delle forme mobili dell’insetto dovuta alla semplice azione del vento, causa problemi di imbrattamento delle aree e conseguenti lamentele dei fruitori delle stesse. In questo caso, spesso, coloro che frequentano le aree al di sotto delle piante possono facilmente venire a contatto con l’insetto, con  conseguenti  fenomeni di entomofobia.

Apion (sp.): si tratta di un piccolo coleottero nerastro che troviamo nella pagina inferiore delle foglie di diverse piante, prevalentemente dei tigli, nella tarda primavera. Questi piccoli insetti provocano danni irrilevanti alle piante, che spesso frequentano unicamente come luogo di aggregazione. La loro presenza è però avvertita in maniera decisa dalla popolazione che frequenta parchi o giardini, in prevalenza bambini, in quanto si ritrovano  spesso sul corpo diverse forme mobili dell’insetto, provocando la preoccupazione di coloro che non conoscono il comportamento di questi innocui insetti. In questo caso la lotta nei confronti di questa problematica è da valutare eccessiva, sarebbe sufficiente un minimo di tolleranza alla presenza dell’insetto che, peraltro, colonizza le piante per un tempo molto limitato.

Questi piccoli esempi hanno solo lo scopo di farvi riflettere sull’effettiva importanza della conoscenza degli insetti che frequentano il nostro giardino, allo scopo di approntare una corretta strategia di lotta solo laddove esista un effettivo pericolo. Quindi, limitandosi ai nostri esempi, la lotta è indispensabile per processionaria per motivi sanitari, spesso inevitabile per Arocatus per garantire una tranquilla fruizione degli spazi, limitata a casi di specifica necessità per tingide (ad esempio quando le piante sottendono distese di esercizi pubblici), praticamente inutile per Apion.

Naturalmente, gli esempi che potremmo fare sarebbero infiniti, sia attenendosi a insetti solo pericolosi o fastidiosi per l’uomo, come api, vespe, zanzare, ecc., o anche dannosi per le piante. L’obbiettivo di questo breve testo si limita essenzialmente a spingervi a riflettere sull’opportunità di limitare gli interventi di lotta, prevalentemente quelli di natura chimica, solo ai casi di reale necessità, in maniera tale che la soluzione del problema non si rilevi peggiore del problema stesso.

 

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