L’indecifrabile crisi del vino
di Claudio Corradi
Lo scenario vitivinicolo internazionale nel giro di pochi anni è profondamente cambiato e l’unica certezza attuale, assieme alla forte consapevolezza che i mercati di oggi devono essere aggrediti senza aspettare che siano loro a venire a cercarci, è che non è più possibile procedere in ordine sparso, ma occorre impostare un futuro di aggregazione. Questa è in sintesi la premessa di Emilio Pedron, presidente del Gruppo Italiano Vini che, in occasione di un recente convegno svoltosi ad Udine, parlando della crisi del vino, ha precisato che il momento difficile non è quello attuale, ma quello iniziato già da tempo con il crollo dei consumi. Sia chiaro però che il problema non è quello legato ai consumi fuori casa quanto piuttosto a quello dei consumi domestici.
Volendo a questo punto inoltrarci nell’analisi della situazione, la colpa sarebbe quindi da imputare non ai test alcolimetrici lungo le strade quanto piuttosto alla mutazione delle abitudini e dello stile di vita degli italiani e questo nonostante la ristorazione lamenti un crollo medio delle vendite nei locali pari al 25%. Questo calo nei consumi al ristorante pare tuttavia essere imputabile all’introduzione del nuovo codice della strada solo per un 60,3% mentre le restanti ragioni del crollo dei consumi sarebbero invece dovute per un 25,5% al salutismo e per un 14,2% alla contingente crisi economica. Fatto sta che la ristorazione sta cercando di adeguarsi a questa diminuzione delle vendite, peraltro già lamentata anche in un’indagine del 2003, mettendo in atto strategie commerciali come la vendita a bicchiere, la borsina “wine-bag”, per portarsi la bottiglia non finita a casa, o la presenza in carta di formati da 375 cc. che potrebbero avere anche un grande futuro per il consumo domestico. Ancora però non si sente parlare di riduzione dei ricarichi che continuano ad aggirarsi attorno al 300%.
Ma il mercato non è solo quello dei ristoranti ed alcune statistiche sostengono che si sta registrando un calo degli acquisti anche nella grande distribuzione: -2,5% su base annua che negli ultimi 5 mesi, proprio per causa dell’attuale incertezza economica, ha raggiunto anche il -6%.
La crisi ovviamente non è solo italiana tanto che per la prima volta in Germania il consumo è calato del 9,4% ed anche negli Stati Uniti è stato evidenziato un –3%. Diminuisce anche l’Inghilterra, mentre solo il Canada resta stabile.
Analizzando le involuzioni dei consumi si evidenzia però un –10% di vendite per i vini che costano meno di 2 euro ed un +19% di richiesta per i vini che costano più di 5 euro. Il fatto che la diminuzione dei consumi inizi dai vini che costano di meno può significare tante cose, anche se come sempre si finisce sul classico e retorico discorso della qualità del vino secondo il quale e purtroppo è convinzione di massa, un vino più costoso deve essere necessariamente più buono e di migliore qualità. In effetti e chi di vino se ne intende lo sa bene, così non è, e la qualità dei vini delle terre del lambrusco ne è la lampante dimostrazione.
Il basso costo però pare penalizzarci e siccome il prezzo di vendita deve essere l’equo risultato dell’analisi dei costi di produzione, compresi quelli di promozione, viene da chiedersi se non sarebbe forse il caso di investire in tal senso cogliendo un duplice obiettivo. D’altro canto, lo abbiamo notato tutti in questi giorni, anche i nostri colleghi del Brunello stanno cercando di scrollare di dosso dal loro vino quell’immagine di prodotto impegnativo cercando di promuoverlo, con investimenti pubblicitari, come vino quotidiano ed alla portata di tutti.
In questo momento di difficile interpretazione della verità appaiono reali due cose: che nessuno è mai contento di quello che ha e che il mercato è fatto soprattutto da consumatori che non conoscono.
La crescita dei consumi di vini più costosi dovrebbe piuttosto essere letta come incremento del consumo di vino fuori casa e diminuzione del consumo domestico ed anche se può essere vero che al ristorante si beva di meno è certamente vero che ben più rilevante è il fatto che nelle famiglie non si stappi più una bottiglia a pasto come accadeva in passato. In questo senso ben venga la presa in considerazione delle bottiglie da 375 cc. presentate con grande decisione al Vinitaly di quest’anno e che si rivelano molto più adatte alle mutate abitudini di vita degli italiani, dove le famiglie sono sempre più piccole, non si mangia più assieme e soprattutto non tutti bevono vino.
E’ ovvio che il costo della confezione arriva ad incidere in modo sproporzionato rispetto al valore del prodotto, ma dobbiamo anche continuare a dare valore al rito, al fatto di poter sorseggiare un bicchiere di vino appena stappato ed alla qualità che questo sarà in grado di esprimere. D’altro canto non si tratta di un bibita qualunque. Dal punto di vista psicologico poi, anche se la mezza bottiglia costasse come la 750 cc, avremmo avuto la sensazione di non sprecare vino ed anche questo ha la sua importanza (anche al supermercato spesso le confezioni famiglia più convenienti non vengono preferite a confezioni monodose).
Non dimentichiamo infine che il consumatore di oggi non è più fedele come nel passato, ma vuole conoscere, provare, capire. Bevendo due mezze bottiglie al posto di una grande avrà avuto anche la possibilità di conoscere due prodotti al posto di uno e tutto questo alla fine non potrà che giocare a nostro favore.
Ma se in Italia, pare, si beve solo vino costoso, l’export continua ad aumentare o diminuire in funzione del prezzo tanto che il valore medio del vino esportato è di 2,17 euro al litro. L’Italia però esporta vino ad un prezzo medio di 1,70 euro il litro e solo il 20% del vino nazionale esportato raggiunge il prezzo medio.
Il Gruppo Italiano Vini sostiene, per voce del suo presidente che l’80% delle uve italiane vengono vendute al di sotto del costo di produzione ed è di questo che occorre rendersi conto per smettere definitivamente di utilizzare il prezzo come leva. Tutto questo anche in considerazione del fatto che i nostri acquirenti oggi sono competenti, curiosi al confronto, ma anche poco fedeli. Poi c’è lo strapotere della Grande Distribuzione Organizzata che con 5 persone in Italia decide le sorti del mercato. E’ per questo motivo che Pedron si sente in dovere di dettare tre urgenti regole che il settore deve adottare:
Al Vinitaly di quest’anno sono emersi altri importanti dati sia statistici, frutto di recenti ricerche di mercato.
Le vendite della GDO, per esempio, hanno fatto registrare un –2,4% in volume pur incrementando del 3,6% in valore. Al supermercato cala la vendita di brik e bottiglioni, entrambi del 7%, ed aumenta del 4% la vendita in bottiglia. Al momento gli italiani acquistano il loro vino per il 41% in cantina, per il 39% al supermercato e per il solo 15% nelle enoteche. Ma a livello mondiale pare che nei prossimi 5 anni si potrà registrare una crescita dei consumi di vino del 6% e per paesi come Francia, Italia e Spagna che da soli producono oltre il 50% del vino mondiale, queste aspettative fanno senza dubbio piacere. I protagonisti dell’incremento dei consumi saranno la Russia ed il Giappone che incrementeranno le loro importazioni del 58%. In termini di fatturato si prevede un incremento dell’1,8% l’anno fino al 2012.
Nel 2008 l’Italia si è aggiudicata il titolo di primo produttore del mondo. Fra il 2003 ed il 2007 il nostro export è incrementato del 40,7% in volume e del 45,2% in fatturato.
Notizie interessanti anche sul fronte dei consumi procapite che sono aumentati dell’1,23% fra il 2003 ed il 2007, il che significa che ogni italiano ogni anno beve una bottiglia in più, anche se questo ultimo anno pare avviato ad una nuova fase di regressione al momento prevista in un –0,3%. Proprio riferendoci al consumo di vino degli italiani, se andiamo ad analizzare le loro abitudini, ci renderemo conto che solo il 43% beve vino ogni giorno ed 17% più di una volta la settimana. In un gruppo di 1.000 intervistati maggiorenni per il 24% il prezzo influisce considerevolmente sulle scelte ed il 53,1% vorrebbe spendere fra i 2,00 ed i 4,00 euro per una bottiglia ideale al consumo domestico. E’ solo il 17,3% che si dichiara disposto a spendere fra i 4,50 ed i 6,00 euro a bottiglia. Fra questi, se vogliamo anche raccogliere le loro preferenze in fatto di colore, si evidenzia che metà lo preferiscono rosso e metà lo prediligono bianco.